Più respiro e più futuro per l’Unione. Evviva i quasi Eurobond

Sempre vero che la foresta, quando cresce, fa meno rumore del singolo albero in caduta. Ma è destinata a durare, e magari cambiare l’ecosistema.

Martedì l’Europa ha ‘piantato’ quasi in sordina – per quanto fragoroso era stato nella primavera 2020 il dibattito sulla possibile mutualizzazione del debito anti-Covid – il primo bond del Next Generation Eu, il programma comune per ricostruire con intenti sostenibili l’economia dell’Unione. La Commissione ha raccolto 20 miliardi di euro con un titolo decennale per il quale la richiesta degli investitori è stata sette volte tanto, segno che l’interesse dei mercati per un’obbligazione europea ‘tripla A’ è grande. Entro l’anno i miliardi saranno oltre 100. Serviranno a finanziare le sovvenzioni e i prestiti destinati agli Stati membri nel 2021 per realizzare i progetti inseriti nei Piani nazionali dei Ventisette.

Tecnicamente non è possibile chiamarli Eurobond, ma tolto il ‘quasi’ che ci si può mettere davanti per non spaventare troppo i ‘falchi’ del Nord, queste nuove emissioni di debito, al momento temporanee e finalizzate in quanto ‘pandemiche’, si avvicinano molto all’idea di titoli permanenti garantiti dai bilanci degli Stati membri. Una proposta avanzata molti anni fa dall’ex presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, insieme all’economista dell’Università Cattolica Alberto Quadrio Curzio.

Durante la crisi dei debiti sovrani del 2011, non se ne fece nulla. La risposta Ue fu allora non rigorosa, ma improntata a un ostinato rigorismo. E dovette pensarci la Bce di Mario Draghi a tenere in piedi l’Eurozona con il celebre « whatever it takes » (costi quel che costi).

Questa volta le cose sono andate diversamente. Aver collocato un ‘quasi Eurobond’ per finanziare la ripresa rappresenta un passo notevole, persino storico, verso quell’unione fiscale che fino a 15 mesi fa sembrava impossibile. Certo, ci vorranno anni per la rimodulazione dei Trattati e la revisione del principio di unanimità che governa e troppe volte ingabbia le decisioni Ue. Ma è innegabile che una strada più solidale l’Europa abbia iniziato a percorrerla. Ha fatto un passo di lato soprattutto la Germania, accettando un’emissione concorrente ai suoi Bund.

Dovrà fare un passo in avanti l’Italia, fra i maggiori beneficiari dei finanziamenti europei, per rilanciare la crescita che manca da vent’anni e mettersi nelle condizioni di ridurre il proprio debito pubblico, attraverso le attese riforme strutturali e una riduzione della spesa corrente improduttiva.

Ma l’importante è che i primi alberi siano stati piantati. La forza simbolica dei nuovi bond del NgEu rafforzerà la moneta comune e il peso dell’Europa sui mercati. Se poi la foresta verrà fatta crescere – anche con calma – a respirare meglio sarà la prossima generazione di europei.